Noi curiamo gratuitamente i malati di tumore a domicilio
DONA ORA
Credits by PXLated | COMUNICAZIONE VISIVA
TESTIMONIANZE

EMILIA: INFERMIERA ATT

Emilia lavora in ATT da 11 anni, esattamente dall’Agosto 2013.
Dopo 18 anni di lavoro ospedaliero, passare al domicilio non è stato semplice. I due contesti sono completamente diversi, di conseguenza anche l’assistenza è completamente diversa. “L’ospedale è una parentesi nella vita di un paziente, mentre è la quotidianità per un infermiere, quasi una seconda casa. In ospedale i rapporti di forza infermiere/paziente sono a favore del primo, a casa no.
Nel tempo io ho cambiato il mio modo di lavorare, il mio modo pensare, il mio essere infermiera, perché operare a domicilio vuol dire tante cose, anche non strettamente legate all’aspetto professionale.
Il malato non è più il paziente comunemente inteso; a casa è di nuovo quella persona (uomo o donna) che vive la sua vita, nel suo contesto, con i propri affetti. Allora la prima cosa che cambia è come affrontare una nuova assistenza, come entrare nella casa di quella persona, nella sua vita e nei suoi affetti. Occorre entrare in punta di piedi con estremo rispetto di tutto ciò con cui verremo in contatto e con particolare attenzione all’ascolto di tutte le voci presenti. Vuol dire lasciare uno spazio di libertà al paziente e ai familiari riguardo ad alcune decisioni, ma anche porre dei limiti ad essa quando il nucleo familiare non è più in grado di gestire questa libertà.
Vuol dire a volte stare sulla soglia ad aspettare l’evolversi dei fatti, mentre a volte vuol dire accogliere tutto il nucleo familiare e guidarli con delicatezza ma anche con fermezza a prendere decisioni difficili.
Per noi operatori vuol dire rivedere tutta la nostra capacità professionale e arricchirla di empatia e pazienza. Vuol dire anche diventare emotivamente più forti per non farsi travolgere dall’elevato stress emotivo a cui siamo quotidianamente sottoposti, perché solo in questo modo possiamo essere buoni professionisti e dare ai nostri pazienti e familiari tutto ciò di cui hanno bisogno”.

 

Negli ultimi anni Emila ha spesso pensato di smettere, di non farcela più e di cambiare lavoro, e questo perché il tema della morte è un tema spesso presente nelle sue giornate lavorative e nel tempo si è sentita sempre più schiacciata dal peso di esso. “Ho più volte desiderato che la mia mente si occupasse di qualcosa d’altro. Ma alla fine sono ancora qui, forse non so nemmeno io dire il perché. Posso di certo dire che questo lavoro mi piace e mi dà soddisfazione. Mi piace essere presente ed essere davvero d’aiuto ai pazienti e alle loro famiglie. Mi piace guardarmi indietro e vedere la mia crescita professionale. Mi piace conoscere realtà sempre nuove (ogni casa è un micromondo) e mi piace farmi arricchire da esse. Trovare l’equilibrio giusto tra queste sensazioni contrastanti credo sia l’unico modo per continuare questo lavoro”.

Sono tanti gli episodi, le situazioni, le storie che sono rimaste impresse in Emila, nel bene e nel male. Ma ci sono due volti che sono indelebili nei suoi ricordi. Sono i volti di due uomini che hanno assistito le loro mogli. “Mi hanno colpito tantissimo perché ho visto in loro qualità che ho sempre ritenuto prettamente femminili. Vedere la loro dedizione unica, la loro attenzione, la loro delicatezza, il loro ingegno nell’affrontare le difficoltà logistiche di un ambiente domiciliare (uno di loro si inventava le soluzioni di notte pur di dare sollievo alla propria moglie), constatare quotidianamente la loro presenza infaticabile…. Ecco tutto ciò mi ha davvero commosso.
Uno di essi al termine dell’assistenza mi chiamò dicendomi che grazie alla nostra presenza non si era sentito solo e nel salutarmi mi disse che lo avevamo riconciliato un po’ con il mondo.
E allora, a volte, sono io a ringraziare loro”.

Assistenza H24 per garantire una miglior qualità di Vita